La chiesa della SS. Trinità, detta anche Capella Campestris, (da qui l’origine di Cappella Maggiore, nome del paese), è meglio conosciuta come “la Mattarella”.
È il monumento più importante e significativo di Cappella Maggiore: una bellissima chiesa di campagna dotata sul lato sud-est del suo piccolo campanile a vela, in mattoni.
Il tempietto è posto a sud-ovest e a circa 500 metri dal centro storico del paese, non lontano dalla riva sinistra del fiume Meschio e proprio sul suo sagrato si riunivano alcune antiche strade, tra le quali via Valeria.
L’appellativo della chiesa deriva da Andrea Matarela che compare quale committente (richiedente) nell’affresco presente nella parete nord dell’aula: Madonna in trono con Bambino e angeli musicanti, datato 1503, del pittore bergamasco Antonio Zago.
Matarela (rappresentato con una scure ai piedi, strumento del suo lavoro) era proprietario del terreno su cui sorgeva la cappella.
Ciò che vediamo oggi non è la chiesa originaria, ma l’ampliamento fatto nella seconda metà del XV secolo. L’edificio è composto: dall’aula (zona centrale di 14,70 per 9,40 metri), dall’abside/presbiterio di forma quasi quadrata (6,03 per 5,74 metri) con volta a crociera e dalla sacrestia aggiunta nel 1640.
L’edificio racchiude la chiesa originale costruita presumibilmente intorno all’800 d.C.
(IX secolo) o comunque prima dell’anno 1000, in un’epoca in cui questo territorio era sotto il dominio dei Longobardi e per questo conosciuta come “longobarda”.
La pianta primitiva, di 7,80 metri per 4,50 e con un’abside semicircolare avente un raggio medio di 1,25 metri, è stata riportata alla luce durante i restauri del 1952-53.
È possibile che le mura originarie della chiesetta siano state in parte distrutte nel 1420 dall’esercito ungherese.
Il primo documento scritto nel quale viene nominata la chiesa è una pergamena datata 18 giugno 1334. Si tratta del testamento di Zaneto beccaro di Serravalle che lasciava alla piccola chiesa della Santissima Trinità i ricavi dell’affitto di una terra in località Campion, per mantenere di continuo la luminaria.
Si racconta che durante l’epidemia di peste del 1600, la chiesetta fosse stata destinata a lazzaretto per ospitare gli appestati e che le pareti, per motivi igienico-sanitari, fossero state trattate con latte di calce, coprendo e conservando così gli affreschi.
Gli ultimi lavori di intervento archeologico del 2007 hanno portato al ritrovamento all’interno di una fornace utilizzata per la fusione di campane di bronzo e di 5 sepolture lungo i muri perimetrali esterni e davanti alla chiesa risalenti al XII-XIII e XIV secolo.
Cappella restaurata, Ottobre 2015
L’Ultima Cena
Nella parete nord di questa cappella primitiva resta visibile l’affresco più antico: L’ultima Cena, databile all’inizio del XIV secolo (tra il 1200 e il 1300), di autore veneto ignoto. Per le sue immagini, con gli apostoli che bevono vino rosso, è considerato l’affresco forse più antico in provincia di Treviso.
La chiesa contiene al suo interno altri splendidi affreschi che sono stati realizzati da Antonio Zago dopo l’ampliamento, tra il XV e il XVI secolo (1485-1505).
Gli affreschi che si possono ammirare, restaurati tra il 2013 e il 2015, ricoprono l’intera abside, l’arco, parte dell’aula e rappresentano scene dell’Antico e Nuovo Testamento: